I rifiuti sono una risorsa

Parliamo con Anna Grom, amministratore delegato di Interzero Circular Solutions Europe, dei modelli di business circolari in un mercato segnato dai conflitti internazionali e dalla pandemia. Questa situazione di tensione ha mostrato la fragilità delle filiere e ha mostrato quanto può costare la mancanza di materie prime strategiche.

L’economia circolare si pone come soluzione a queste problematiche. Si rafforzerà l’uso del riciclo e aumenterà la sicurezza di risorse energetiche, economiche e di materie prime ambientali. Quali sono le nuove prospettive dell’economia circolare? Anna Grom ha risposto alle nostre domande e ci ha presentato il cambio di modello che il mercato sta mettendo in atto.

Ora Ambiente: con prima la pandemia e ora la guerra in Ucraina, l’ecologia aziendale è andata in malora?

Anna Grom (AG): In tempi di costante cambiamento e serie sfide che affrontiamo, sia per i governanti che per la società, la sicurezza è diventata la cosa più importante. Eravamo preoccupati che nel settore dei rifiuti gli eventi attuali avrebbero messo in ombra le questioni della sostenibilità e dell’economia circolare. Tuttavia, è successo il contrario. Abbiamo capito che l’economia circolare è un rimedio ai problemi attuali. Grazie ad essa aumenta la sicurezza energetica, economica, delle materie prime e ambientale. Si rafforza così il ruolo del riciclo e del closing loop, che garantiscono all’economia l’accesso alle materie prime fondamentali e il loro uso più lungo. Pertanto, se la pandemia, oltre alla dolorosa dimensione umana, ha accelerato la digitalizzazione, le attuali turbolenze geopolitiche e di mercato hanno creato le condizioni favorevoli per cambiare i modelli di business verso quelli più sostenibili.

E sta succedendo?

AG: Indiscutibilmente. Possiamo anche parlare di un cambio di paradigma. Fino a qualche anno fa, quando parlavamo con i clienti di questioni ambientali, molte di queste discussioni si concentravano su un’immagine verde e azioni a breve termine. Ora è completamente diverso, perché dominano le visioni a lungo termine e le aziende sono interessate a sviluppare modelli di business sostenibili. Lo vediamo particolarmente nei settori automobilistico, alimentare e cosmetico.

Ha senso un tale cambiamento nel modello di business in una piccola e media impresa?

AG: Stiamo parlando della competitività delle aziende nel prossimo futuro. Parte delle aziende ha capito che il momento del cambiamento è qui e ora. Non possiamo far passare altro tempo perché il mondo si sta preparando, le aziende devono accettare la sfida, altrimenti dovranno tenere conto di una diminuzione della loro quota di mercato. Ricordiamo che la condizione dell’economia locale dipende in larga misura dalle piccole e medie imprese. La cosa più importante è che possiamo aiutarle. Basta contattarci.

Ma i modelli di business non devono essere correlati alla legislazione vigente?

AG: C’è stato anche un cambiamento nella posizione delle imprese in questo ambito. Un anno fa avrei detto che le aziende avrebbero aspettato le nuove regole prima di agire. Ora il business non esita più, perché gli imprenditori si rendono conto che non si tratta di se, ma di quando. E il tempo qui gioca un ruolo chiave, soprattutto di fronte alle strategie sempre più audaci di quelle aziende che hanno già annunciato che entro il 2027 avranno imballaggi riciclati al 100%. Ciò significa che vince chi si aggiudica prima le materie prime seconde. A questo si aggiunge l’offensiva legislativa dell’UE. Solo pochi giorni fa la Commissione Europea ha pubblicato una bozza di regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio che segue una direzione ben nota. I paesi membri hanno ridotto i rifiuti, aumentato i tassi di riciclaggio e l’uso di materiali riciclati nei prodotti.

È solo che la legislazione nazionale non sempre tiene il passo con la legislazione europea.

AG: Vero, ma il business responsabile si sta preparando per il futuro e sta già esplorando le opzioni disponibili oggi. Dalla versione di soluzioni analogiche si passa a quelle digitali, in cui i benefici dell’ecologia saranno misurabili per il business. Le aziende smetteranno di guardare alla sostenibilità attraverso l’amplificazione del marketing. Mi aspetto che ci attenda una svolta, che porterà a cambiamenti fondamentali nel funzionamento delle imprese, principalmente nel settore della produzione e della logistica.

E il marketing non sarà più necessario?

AG: In tempi turbolenti in cui si assiste a una crisi umanitaria che incide sulla condizione dell’economia globale, il fattore che maggiormente influenza le decisioni di acquisto è il prezzo. Ora la questione è come il marketing può aiutare a rafforzare il messaggio che “green significa economico”. Ne abbiamo già molti di esempi oggi. Personalmente, apprezzo molto la tendenza minimalista nel design del packaging. Sembrano semplici, ma questo è ciò che li distingue sul mercato almeno ora ed è facile da riciclare. Inoltre, questo cambiamento non si limita al packaging. Diamo un’occhiata a cosa sta succedendo con i prodotti che annunciano nuovi modelli di business. Uno di questi è, ad esempio, una borsa per bicicletta Vaude, la cui struttura principale è realizzata in plastica riciclata. Questo prodotto è stato sviluppato in collaborazione con Interzero in Germania.

Quindi l’hardware e il software della nuova gestione dei rifiuti si stanno sviluppando.

AG: Tali soluzioni sono foriere di una nuova economia circolare. Ad esempio, collaboriamo con la società irlandese PEL, che ha creato i contenitori per rifiuti solari BriteBin Solar connessi a Internet. I sensori installati in essi inviano informazioni sul livello di riempimento del bidone all’azienda di gestione della raccolta dei rifiuti. Questa tecnologia si è già dimostrata valida in diverse città. Di conseguenza, il numero di raccolte di rifiuti è stato ridotto fino al 90%. Aggiungo che il dispositivo stesso può essere dotato di una pressa che comprime i rifiuti e di una serie di altri accessori, come un filtro dell’aria o un router Wi-Fi.

Quindi sarà la digitalizzazione a cambiare la gestione dei rifiuti.

AG: La digitalizzazione significa una nuova qualità della gestione dei rifiuti. Garantisce trasparenza, consente di ottimizzare i costi ed eliminare incidenti indesiderati legati alla “scomparsa” delle materie prime. Attualmente stiamo lavorando con un team internazionale su un’altra soluzione per il cliente, che gli fornirà la possibilità di monitorare i suoi flussi di rifiuti durante l’intero ciclo di vita del prodotto. Tutti i dati saranno disponibili nell’app. Il cliente potrà verificare di aver bisogno, ad esempio, di 200 tonnellate di rPET, e potrà vendere il resto. Non abbiamo mai avuto una fonte di dati così affidabile prima d’ora. Questo progetto è anche una preparazione alle sfide legate al Passaporto dei Prodotti Digitali di cui ai regolamenti adottati nell’ambito del Green Deal europeo. Consentirà di utilizzare i dati per identificare il prodotto, la sua origine e composizione.

Questo significa la fine della classica gestione dei rifiuti?

AG: Credo che la classica gestione dei rifiuti stia lentamente diventando un ricordo del passato. Cambiano le tecnologie, le normative, ma soprattutto l’atteggiamento degli imprenditori, come dimostra la costruzione di nuovi modelli di business. Infine, i rifiuti e il riciclaggio iniziano a essere percepiti come una fonte sicura ed efficace di materie prime strategiche.


Il cronoprogramma della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare

La Strategia era già stata pubblicata nel giugno del 2022 assieme al Programma nazionale per la gestione dei rifiuti. L’arco temporale delle misure va dall’ultimo trimestre del 2022 alla fine del 2026, termine entro il quale saranno completati tutti gli investimenti e le riforme del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

La volontà di avviare il cambiamento si fa sempre più concreta con l’approvazione di tempistiche e strategie per avanzare verso la completa circolarità dell’economia. Il Ministero della Transizione Ecologica ha approvato un cronoprogramma con l’obiettivo si assicurare al Paese una strada già programmata attraverso le indicazioni di tempistiche e dettagli relative ai piani per già previsti nella Strategia Nazionale per l’Economia Circolare.

Il MiTE definisce gli schemi di decreto per l’istituzione di sistemi di responsabilità estesa del produttore (Epr) per filiere strategiche “circolari” come quella tessile e quella delle plastiche non destinate all’imballaggio. In materia di ‘end of waste’ tra primo e quarto trimestre del 2023, scrive il Ministero, si accelererà sull’emanazione dei decreti nazionali con i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto. Seguendo le tempistiche dettate dal programma, il Ministero emanerà decreti su terre di spazzamento, plastiche miste, tessili e pile e accumulatori. Inoltre, è prevista l’adozione del regolamento per l’autorizzazione semplificata alla preparazione per il riutilizzo entro la fine del 2023.

Tra le tempistiche da rispettare ritroviamo l’impegno alla trasmissione dello schema di decreto ministeriale che definisce la disciplina del Registro elettronico nazionale di tracciabilità dei rifiuti (Rentri). Tra gli altri punti da rispettare secondo il programma figura l’individuazione dei sussidi dannosi all’ambiente che si pongono come ostacolo per l’Implementazione per la Strategia per l’Economia Circolare. Entro la fine dell’anno, si punta a completare l’iter per l’approvazione dei decreti ministeriali che dovranno stabilire le regole del sistema e introdurre i nuovi modelli digitali dei registri di carico e scarico e dei formulari di identificazione dei rifiuti.

La governance della strategia è stata affidata all’Osservatorio per l’Economia Circolare che ha il compito di monitorare, definire e identificare i passaggi e i target durante l’applicazione della Strategia e di aggiornare il cronoprogramma. Il report sull’attuazione della Strategia sarò aggiornato a cadenza annuale e pubblicamente accessibile sul sito istituzionale del MiTE.

La transizione verso l’economia circolare non avviene solo tramite regolamenti e decreti, ma è incentivata dal progresso di progetti e schemi di incentivazione finanziaria, di semplificazione delle reti di impresa con finalità circolari, di rigenerazione di brown areas in ecodistretti circolari in ottica di simbiosi industriale. Per questo motivo, il MiTE, in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico, dichiara il proprio impegno di puntare anche sui sistemi di supporto tecnico alle normative.

L’approvazione di programmi che vedono come obiettivo la completa trasformazione dell’economia in un sistema circolare mostra come ogni tipo di impegno, da parte di consumatori, di aziende, di produttori e delle Istituzioni. Destreggiarsi attraverso le normative europee e locali non rappresenta un ostacolo se affiancati da professionisti del settore come Interzero: con il nostro impegno nel sostegno delle aziende agiamo nell’interesse dell’ambiente e della transizione verso l’economia circolare.


Salviamo gli animali dalla plastica

L’inquinamento ambientale coinvolge la vita di vegetali e animali di tutto il pianeta: si stima che ogni anno muoiano un milione e mezzo di animali, di cui la maggior parte sono pesci e uccelli marini. Una ricerca dell’Istituto Francese di Ricerca e Sviluppo ha sottolineato come il problema non sia solo la plastica ingerita dagli animali, ma anche quella che si avvolge, ad esempio, attorno al collo delle tartarughe, causandone la morte per soffocamento.

Interzero Italia, partner leader in soluzioni ambientali integrate in ottica di economia circolare, vuole essere parte del cambiamento: la riduzione l’impatto umano sugli ambienti marini comincia dalla raccolta terrestre dei materiali inquinanti.


Cosa prevede il corporate sustainability reporting

Come dice il nome stesso, si tratta di un documento che obbliga alcune aziende e realtà professionali a diffondere informazioni sul proprio impatto ambientale, sociale, economico… lo scopo è ridurre il greenwashing, ovvero quel fenomeno che spinge molte organizzazioni a indossare panni apparentemente ecologici e sostenibili, ma dietro ai quali non c’è di fatto sostanza.

Si tratta, ad esempio, di strategie di comunicazione e marketing che puntano ad occultare l’impatto negativo di una certa attività, quando non addirittura a inventare l’esistenza di azioni poco impattanti sull’ambiente. L’UE ha stabilito che dal 2024 gli standard secondo i quali avviene la rendicontazione della sostenibilità, dovranno essere allineati su scala internazionale. Questo dovrebbe aiutare gli investitori, le organizzazioni della società civile, i consumatori e la politica a valutare le performance non finanziarie di grandi compagnie (quelle da almeno 500 dipendenti) internazionali, e ovviamente incoraggia anche le aziende a sviluppare un approccio responsabile al business.

Questa Non-Financial Reporting Directive (NFRD) colma il vuoto lasciato dalla Direttiva 2013/34/EU, in vigore da una decina d’anni, ma vaga e insufficiente per quanto riguarda le informazioni a carattere non finanziario che fornisce. Tanto è vero, che si prevede un aumento netto del numero di aziende toccate: si passerà dalle 11.700 attuali a più di 50.000, secondo le previsioni.

In che modo? Le multinazionali con più di 500 dipendenti dovranno collezionare dati sul proprio impatto ambientale, sull’impatto sociale delle proprie attività e sul trattamento dei propri dipendenti, sul rispetto dei diritti umani, sulle proprie norme anti-corruzione e sulla dose di diversità umana del proprio organico (in base a età, genere, background professionale e di formazione. La diffusione delle informazioni è quindi prevista per l’anno seguente, in modo da dare modo a organizzazioni e enti di accertare le condizioni di lavoro e produzione nell’azienda analizzata.

Dal 2025, però, gli obblighi sopracitati coinvolgeranno anche realtà dotate della metà dei dipendenti, 250, e/o un fatturato di 40 milioni di euro. Un dettaglio importante: la direttiva riguarda anche imprese non europee che però operano sul territorio UE per un fatturato oltre i 150 milioni di euro annui.

La nota difficoltà nell’individuare, comprendere e seguire le direttive fa sì che realtà come Interzero siano mediatori necessari per le aziende che vogliano rispettare i nuovi criteri stabiliti dalla Commissione Europea. Gli stati membri dell’UE hanno a disposizione per adattarsi alle novità legislative 18 mesi dall’entrata in vigore delle stesse.


World Wildlife Day

Una giornata dedicata alla biodiversità e l’occasione per accrescere la consapevolezza sulla necessità di preservarla, perché è un fatto il rischio di estinzione di tante specie ad una velocità allarmante.
Il focus di quest’anno, le Partnerships for Wildlife Conservation – Associazioni per la Conservazione della Vita Selvatica -, tutte le associazioni che aiutano a conservare specie di animali e piante su scala globale e locale.
L’unico modo che abbiamo per frenare il costante danneggiamento delle specie viventi? La collaborazione.
In Interzero Italia “collaborazione” è una parola chiave: il nostro team lavora con vocazione e dedizione allo sviluppo di soluzioni ambientali integrate, contribuendo ad un sistema economico più circolare e sostenibile, con benefici sociali, ambientali ed economici tangibili.

Il nostro studio #resourcesSaved (bit.ly/3YduRu1) testimonia l’impegno che quotidianamente mettiamo, insieme ai nostri clienti e partner, per il risparmio e il riutilizzo di risorse.

One world. Zero Waste.